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FUORI delle RIGHE

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Uno Spirito di corpo - 1Cor 12,3-7.12-13

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.  Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.


Vi sono diversi…

Lo Spirito si fa incontro all’uomo nella dinamica della diversità.
Dovremo guardare con più attenzione alla realtà che ci circonda per scoprire la varietà e la profondità dello spazio, l’alternarsi nel tempo delle stagioni, la bellezza della terra, della famiglia umana o la poliedricità del mondo animale; tutto è segnato dalla diversità. Entrare nella dinamica della diversità non è soltanto per ammirare la bellezza e l’armonia ma per scoprine il senso e la vocazione.
Dio che ha impresso l’immagine della sua diversità nell’uomo: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Gen 1,27), gli ha anche impresso la vocazione all’unità «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne» (Gen 2,23).
lo spirito di Dio che «aleggiava sulle acque» (Gen 1,2) si sbizzarrisce nella creazione con grande fantasia ma ordinando tutto all’ «uno» stesso di Dio.
Eppure l’uomo, nella sua stupidità, arriva perfino a ideologizzare il Dio «uno» per creare divisioni, discordie e guerre.


ma uno solo è Dio

Paolo per tre volte parla di diversità, di doni, ministeri e operazioni, basando la sua affermazione sul mistero stesso di Dio: perché uno è lo Spirito, uno è il Signore (il Figlio) e uno è Dio (il Padre). Il mistero trinitario pone il suo sigillo nella diversità e nella comunione, dunque nella vita e nell'esperienza delle comunità cristiane. Quello che agli uomini sembra inconciliabile trova nel mistero stesso di Dio il principio ultimo della unità e della riconciliazione. Questa è la sua volontà «ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra» (Ef 1,10). Il fine ultimo della storia, della umanità è lo stesso fine della Chiesa, nel linguaggio messianico è lo «shalòm». È questo il saluto del Cristo risorto «Pace a voi!» (Gv 20,21) ma anche l’inizio della missione della Chiesa in cui il Signore soffia lo Spirito perché sia capace di riconciliazione.
Nell'esperienza umana prevale l'individualismo che, in quest’epoca chiamata post-moderna, è portato alla esasperazione; dove è soffocato da un qualche regime  l’individualismo è mascherato di  uniformismo. È proprio l’individualismo la radice dei mali dell’umo, dell’inasprimento delle divisioni, del potere e della corruzione, della violenza. Non c’è sistema filosofico, né una ideologia, né uno sforzo politico, capace di comporre la diversità nella armonia, le differenze nella comunione. Come comunità cristiane abbiamo una grande onere perché il fine ultimo dell’umanità è lo stesso della chiesa, non ci sono obiettivi diversi o in contrasto tra loro, chi ne ha coscienza ha anche maggiore responsabilità.              


in un solo corpo

La pluralità dei doni dello Spirito, per il bene comune, richiama in Paolo il corpo fisico composto di diverse membra. Il paragone, però, è riferito non alla comunità degli uomini quanto a Cristo; l’esperienza di Paolo verso Damasco (cfr. At 9, 4-5: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?...” ) lo convince a identificare Cristo nella Chiesa: «Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1 Cor 12,27).
Le differenze etniche come quelle sociali (in Gal 3,28 aggiunge anche quelle sessuali) non sono annullate, ma abbattute perché tutti siamo immersi in un solo Spirito.
C’è chi legge nella immersione il sacramento del Battesimo e l’Eucarestia nell’essere dissetati; si circoscrive così l’esperienza dello Spirito ai confini di una chiesa che celebra. La potenza dello Spirito, però va oltre e supera i condizionamenti e i confini umani, ha inondato l’intera creazione e tutta la storia, dunque ogni uomo, indipendentemente dalla religione o dalla provenienza, dalla cultura o il livello sociale è immerso e abbeverato dall’unico Spirito.
Se la realtà umana è costituita sul principio della contrapposizione e della competitività, lo Spirito spinge le comunità dei credenti all’ideale della koinōnia (comunione)e della reciprocità, perché trasforma e armonizza le differenze e le contrapposizioni; ma alla spinta dello Spirito deve corrispondere la disponibilità dell’uomo per nulla scontata e non facilmente vivibile.
Non è scontato che i cristiani siano pienamente coscienti e vivano concretamente la realtà della fede, spesso l’appartenenza alla Chiesa si identifica con una appartenenza sociale, ha più un carattere emotivo e superficiale, si perde in forme di religiosità devozionale e scompare la coscienza stessa di essere battezzati.
È necessario per noi cristiani avere spirito di corpo per superare l'individualismo e la concorrenza fra leader, gruppi, opere o comunità e contribuire al bene comune.  Soprattutto abbiamo la necessità di riconoscere lo Spirito che viene a noi incontro attraverso le voci altre, inconsuete, sommesse, labili, quelle che sembrano stridenti, che non appartengono alla nostra cultura, quelle della diversità degli uomini. Perché lo Spirito soffia anche altrove, in altri ovili, e bisogna ascoltarne la voce.
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,8).